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Perché leggere... gli autori dell'Ottocento
Giuseppe Iannaccone e Roberto Carnero ci spiegano i motivi per i quali è importante leggere i più importanti autori della letteratura italiana dell’Ottocento.
- Perché leggere Foscolo – Generoso e irascibile. Vanitoso ed esibizionista. Spregiudicato e appassionato. Amante tanto delle donne quanto della libertà. Un uomo che ha vissuto la sua vita nella convinzione che «non esistano errori, ma opportunità per conoscere le cose». Ugo Foscolo è da sempre uno dei personaggi più affascinanti della letteratura, sia per la sua avventurosa biografia sia per i suoi scritti in prosa e in poesia.
- Perché leggere Manzoni – Tutti conoscono Alessandro Manzoni. E quasi tutti lo definirebbero uno scrittore «cattolico italiano piuttosto tranquillo e conformista». Sbagliato. Questi giorni di obbligata sedentarietà sono proprio il momento giusto per leggere – o rileggere! – I promessi sposi e capire la potenza di un libro che indaga senza paura il rapporto degli uomini con il proprio tempo, che si interroga sul sistema dei valori senza fornire soluzioni consolatorie, che riflette sui condizionamenti, sulle ipocrisie, sulla violenza e sulle ingiustizie che dominano nella società e nel mondo. Vuoi un esempio? Ecco qua: «Que’ prudenti che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; e il mezzo lo fissan giusto in quel punto dov’essi sono arrivati, e ci stanno comodi.».
- Perché leggere Leopardi – Pessimista, sfortunato, gobbo: sono i tre aggettivi con cui spesso è stato liquidato Giacomo Leopardi. E invece, prima di essere uno dei più straordinari poeti di tutti i tempi, è stato un “giovane favoloso” (per citare il film di Mario Martone del 2014) affamato di vita e di amore, di parole e di carezze, un giovane alimentato da qualcosa che spesso a noi manca: la passione, e il coraggio necessario per inseguirla. Lo annota lui stesso il 1° agosto 1820 sullo Zibaldone: «Sebbene è spento nel mondo il grande e il bello e il vivo, non ne è spenta in noi l’inclinazione. Se è tolto l’ottenere, non è tolto né possibile a togliere il desiderare. Non è spento nei giovani l’ardore che li porta a procacciarsi una vita, a sdegnare la nullità e la monotonia». Parole che non dimostrano affatto i loro 200 anni sulle spalle, vero? Giuseppe Iannaccone presenta questo gigante della letteratura che ci insegna prima di tutto, come ha scritto lo scrittore Alessandro D’Avenia, «l’arte di essere fragili» e appassionati.
- Perché leggere Verga – La letteratura sembra spesso divertirsi a depistarci e sorprenderci, e Giovanni Verga è uno degli autori che più confonde la nostra ricerca di coerenza. Aristocratico di nascita e reazionario in campo politico, il caposcuola del Verismo compie il miracolo di realizzare – attraverso una poetica innovativa, tecniche narrative originali e scelte stilistiche e linguistiche rivoluzionarie – la più efficace opera di denuncia del dolore e dell’oppressione della povera gente. Come ci spiega Giuseppe Iannaccone in questo video, pur se le vicende che egli racconta parlano di un’Italia che in larga parte non esiste più, i protagonisti dei suoi capolavori restano incancellabili nella nostra memoria, modello ed espressione di una certa idea della letteratura: amara, senza retorica, che non consola ma rivela la spietata logica del mondo.
- Perché leggere Pascoli – I versi di Giovanni Pascoli hanno accompagnato generazioni di italiani sin dai banchi delle scuole elementari, ma con due equivoci di fondo: un’apparente semplicità e un presunto intento etico di trasmettere buoni sentimenti. Invece, come spiega perfettamente Roberto Carnero, la poesia pascoliana è soprattutto una miniera ricchissima di inquietudini, simboli e innovazioni stilistiche, grazie alla quale la nostra letteratura si è scrollata di dosso i vincoli della tradizione per aprirsi a uno sguardo diverso sulle cose, sulla natura e sul mondo. Lo sguardo ellittico ed entusiasta di un “fanciullino” che ci insegna di nuovo a guardare e a nominare il mondo, come se fosse la prima volta.
- Perché leggere d'Annunzio – Un esteta dedito allo scandalo? Un retore con manie di grandezza? Un nazionalista che ha regalato al fascismo slogan e parole d’ordine? Il mito negativo di un d’Annunzio “cattivo maestro” ha avuto per decenni una fortuna incontrastata, come se la responsabilità delle più tragiche avventure dell’Italia novecentesca, dalla Grande guerra alla dittatura, fosse da addebitare a lui: allo scomodo artista, cioè, che aveva conquistato quasi un intero popolo, soggiogato dalle sue gesta eclatanti e dalla sua vicenda «inimitabile», privata e letteraria, sempre spettacolarizzata grazie a uno spregiudicato sfruttamento dei mezzi di comunicazione di massa. Ma da questo illusionistico gioco di specchi tra arte e vita emerge la figura di un poeta e di uno scrittore che ha lasciato in eredità a generazioni di italiani una grande lezione di stile. Le pagine e i versi di d’Annunzio, che intrecciano sapientemente tradizione e modernità, restano tuttora uno straordinario esempio delle potenzialità creatrici della parola.
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