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Videolezioni di Letteratura – Autori e correnti dell’Ottocento
Giuseppe Iannaccone e Mauro Novelli spiegano alcuni brani degli autori più importanti e le principali correnti della letteratura italiana dell’Ottocento.
- Ugo Foscolo, Alla sera – «… come quando in cielo stelle intorno a una fulgente luna / appaiono, splendidi punti, e l’aria si distende, senza vento: / si stagliano allora tutte le colline e le svettanti rupi / e le valli. E dal cielo di spalanca, indicibile, lo spazio d’aria / e le stelle si vedono tutte, e prova una gran gioia, dentro, il pastore» (Iliade, VIII, vv. 555-559). La fine del giorno, il passaggio dalla luce del sole a quella spettrale della luna e alle stelle inducono da sempre alla riflessione – Omero lo dimostra! –, forse perché ci fanno sentire più soli di fronte agli enigmi del cosmo. Le parole che Ugo Foscolo rivolge alla sera sono tra le più ispirate della letteratura italiana, come spiega Giuseppe Iannaccone in questa lezione.
- Alessandro Manzoni, La madre di Cecilia – In alcuni momenti più di altri la letteratura ci parla. E non solo: ci presta le parole per esprimere quei sentimenti che stentano a trovare una strada per uscire. Così è per queste celeberrime pagine dei Promessi sposi, che raccontano i terribili effetti della peste del 1640 e che oggi ci suonano così vicine. «Entrato nella strada, Renzo allungò il passo, cercando di non guardar quegl’ingombri, se non quanto era necessario per iscansarli; quando il suo sguardo s’incontrò in un oggetto singolare di pietà, d’una pietà che invogliava l’animo a contemplarlo; di maniera che si fermò, quasi senza volerlo». Giuseppe Iannaccone ci mostra la delicatezza, l’empatia, la commozione della penna di Alessandro Manzoni.
- Giacomo Leopardi, A Silvia – Teresa Fattorini, figlia di un cocchiere, morta di tisi nel 1818: ecco chi era nelle sue spoglie mortali, la Silvia che Giacomo Leopardi ricorda nel pieno del suo fulgore, mentre «lieta e pensosa» (vale a dire con entusiasmo, ma anche con una certa paura e fragilità) si arrampica sul muro del futuro («salivi» è anagramma del nome poetico, lo avevi notato?). Come scrive Alessandro D’Avenia, «la giovinezza è l’infinito fatto carne»: la promessa dell’avvenire, però, è spenta da una fine precoce che spazza le illusioni e ci lascia a fare i conti con il dolore. Anche questo è poesia: trovare le parole per dare forma a questo dolore e guardarlo in volto. Giuseppe Iannaccone ci guida nella lettura di questo canto disperato che parla di una fine, ma che al tempo stesso la aggira facendosi immortale.
- La Scapigliatura – In bilico tra sogni giovanili e intemperanze ribelli, gli scapigliati – che traggono il loro nome da un romanzo di Cletto Arrighi – mostrano nelle loro opere i turbamenti sociali, culturali e politici di un’età di passaggio, al crocevia tra Romanticismo, Verismo e Decadentismo. Sono i creatori di un’arte febbrile ed entusiasta, che rappresenta storicamente un efficace tentativo di “sprovincializzare” la letteratura italiana: essi di fatto costituiscono un primo esempio, sia pure contraddittorio, di moderna avanguardia.
- Naturalismo e Verismo – Sotto l’influenza del Positivismo, in Francia e in Italia si afferma una tendenza della narrativa a raccontare la contemporaneità in forme realistiche e senza alcuna tentazione idealizzante: Naturalismo e Verismo pongono l’impersonalità come canone fondamentale della propria poetica. Giuseppe Iannaccone ci spiega perché gli autori che afferiscono a tali correnti abbiano scelto proprio il romanzo come strumento per descrivere “dal vero” le piccole e grandi vicende di esseri umani immersi in una società attraversata da grandi trasformazioni.
- Giovanni Verga, Rosso Malpelo – La letteratura sembra spesso divertirsi a depistarci e sorprenderci, e Giovanni Verga è uno degli autori che più confonde la nostra ricerca di coerenza. Aristocratico di nascita e reazionario in campo politico, il caposcuola del Verismo compie il miracolo di realizzare – attraverso una poetica innovativa, tecniche narrative originali e scelte stilistiche e linguistiche rivoluzionarie – la più efficace opera di denuncia del dolore e dell’oppressione della povera gente. Pur se le vicende che egli racconta parlano di un’Italia che in larga parte non esiste più, i protagonisti dei suoi capolavori restano incancellabili nella nostra memoria, modello ed espressione di una certa idea della letteratura: amara, senza retorica, che non consola ma rivela la spietata logica del mondo.
- Il Decadentismo – Perché degli artisti di fine Ottocento accettano di essere definiti “decadenti”, con un termine che suggerisce un’idea di regresso e di crisi? Perché essi, sulla scia di Charles Baudelaire, scelgono di trasgredire le convenzioni imposte dalla società borghese e cercano deliberatamente, come gesto estremo di rifiuto, la via dell’inquietudine e dell’abiezione. Questi poeti maledetti si pongono come unici interpreti della “foresta di simboli” che è la realtà.
- Giovanni Pascoli, X Agosto – Mauro Novelli ci accompagna nella lettura di X Agosto, una delle liriche più celebri e coinvolgenti di Giovanni Pascoli. In questi versi, scritti nel 1896, il poeta evoca la notte di San Lorenzo, nella quale si assiste al suggestivo fenomeno delle stelle cadenti. Ma è anche l’anniversario della morte del padre Ruggero, ammazzato trent’anni prima da una schioppettata a tradimento, mentre rincasava sul carretto. Il dolore privato per una tragedia dovuta alla crudeltà degli uomini si rifrange nelle scie delle comete, che rigano il buio come fossero lacrime luminose.
- Gabriele d’Annunzio, La pioggia nel pineto – Il poeta e l’amata, a passeggio in una pineta nel litorale toscano, sono sorpresi da un acquazzone estivo. Incantati, si fermano ad ascoltare il meraviglioso concerto della natura, che li coinvolge in un momento di armonia perfetta, nel quale si fondono con il mondo vegetale circostante. È questa la sintesi de La pioggia nel pineto, ma in questo capolavoro lirico di Gabriele d’Annunzio ciò che più conta è la magia ipnotica del linguaggio, capace di esplorare le infinite sonorità della parola.
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