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Il Neorealismo

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Videolezioni di Letteratura - Autori e correnti del secondo Novecento

Giuseppe Iannaccone e Mauro Novelli spiegano alcuni brani degli autori più importanti e le principali correnti della letteratura italiana dell'Ottocento e del Novecento. Guarda i video dei nostri autori!

In questa raccolta si tratta il secondo Novecento:

  1. Il Neorealismo – Dopo vent’anni di capillare censura fascista, con la caduta del regime e la Liberazione gli scrittori italiani possono finalmente tornare a esprimersi in libertà: le energie a lungo represse esplodono dando voce a una profonda “fame di realtà”. In questo clima culturale prende corpo il Neorealismo, una corrente che si esprime con risultati di alto livello sia nella letteratura sia nel cinema. Offrendo una rappresentazione cruda e analitica di una situazione storica travagliata, attraverso una produzione spesso di tipo documentario e quasi sempre priva di lirismo, il Neorealismo si fa portavoce delle diffuse istanze di rinnovamento sociale presenti nel paese, dando vita, nella sua breve parabola, ad alcune tra le opere più significative della narrativa italiana novecentesca. Giuseppe Iannaccone ne spiega i caratteri fondamentali, ricordando i suoi rappresentanti più significativi.
  2. Primo Levi – «Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro»: un’affermazione, quella pronunciata nel 1949 dal filosofo Theodor W. Adorno, con cui è difficile fare i conti, anche oggi. Come ci spiega Mauro Novelli in questo ritratto appassionato, Primo Levi la pensava in maniera ben diversa. Non solo scrisse un intero libro per raccontare l’orrore dei campi di sterminio vissuto in prima persona ad Auschwitz, ma pose a esergo dell’opera proprio una poesia che si rivolge noi lettori: «Voi che vivete sicuri / nelle vostre tiepide case, / voi che trovate tornando a sera / il cibo caldo e visi amici: / considerate se questo è un uomo / che lavora nel fango / che non conosce pace / che lotta per mezzo pane / che muore per un sì o per un no […]». Levi non vuole farsi compatire, ma far passare un messaggio bruciante: i campi di concentramento non sono qualcosa di passato, ma possono sorgere quando nelle nostre coscienze all’umanità subentrano la barbarie e l’intolleranza. 
  3. Carlo Emilio Gadda – Carlo Emilio Gadda è uno dei più grandi scrittori italiani del XX secolo: nessuno ha saputo passare con la sua disinvoltura dalle vette della tragedia al divertimento comico più sfrenato. Ingegnere di professione, ma con forti interessi filosofici, in capolavori come La cognizione del dolore e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana egli ci offre un ritratto deformante eppure veritiero – sostenuto da una mirabolante inventiva linguistica – della società italiana del suo tempo e dei traumi personali che lo laceravano. Mauro Novelli ci illustra la sua incredibile parabola in questo video.
  4. Italo Calvino, La pistola del tedesco – «I grandi sono una razza ambigua e traditrice, non hanno quella serietà terribile nei giochi propria dei ragazzi, pure hanno anch’essi i loro giochi, sempre più seri, un gioco dentro l’altro che non si riesce mai a capire qual è il gioco vero». Non è mai facile, per un bambino, avere a che fare con il “mondo dei grandi”. Figurarsi per un orfano che si trova a vivere la lotta partigiana nelle campagne liguri. Giuseppe Iannaccone ci porta oggi nel mondo di Pin e nel suo sguardo che stravolge la percezione delle cose e adatta gli eventi alla propria capacità di comprensione per collocarli nel campo del meraviglioso, in quei “sentieri dei nidi di ragno” che danno il titolo al libro.
  5. Pier Paolo Pasolini, La maturazione del Riccetto – Sin dai primi giorni del suo arrivo a Roma, nel 1950, Pasolini resta affascinato dalla vita delle borgate, che gli appare degradata sì, ma autentica, non corrotta dal consumismo borghese. Si lascia ammaliare e commuovere da un gruppo di “ragazzi di vita”, ne osserva i comportamenti e ne segue la formazione, o meglio – come spiega Giuseppe Iannaccone in questa lezione – la “deformazione”. Per esempio Riccetto, che da adolescente non esita a gettarsi nel Tevere per salvare una rondinella e solo pochi anni dopo, alle soglie della maturità, non ha lo stesso slancio genuino e altruista per salvare un compagno che rischia di affogare.
  6. Elsa Morante – Chi era Elsa Morante? La ricorda così la giovane scrittrice Silvia Avallone: «Quattro romanzi in una vita, due raccolte di poesie, due racconti. La Morante non ha mai voluto lasciarsi condizionare dal tempo, che detestava. L’unica cosa che le faceva davvero orrore era la vecchiaia, doversi ritrovare lei – eterna ragazza – nel corpo sformato e raggrinzito di una vecchia. Ma sapeva che le parole, loro, sono sempre adolescenti. E che i suoi libri non sarebbero invecchiati mai». Mauro Novelli, in questo breve ritratto, ce lo conferma: leggere la Morante è come essere rapiti da un incantesimo in cui, come per il piccolo protagonista della Storia, le parole hanno «un valore sicuro, come fossero tutt’uno con le cose».
  7. Giorgio Caproni – «Freschi come i bicchieri / furono i suoi pensieri. / Per lei torni in onore / la rima in cuore e amore». A colpo d’occhio sembra facile la poesia di Giorgio Caproni: da quell’abile musicista che era (amava il violino), egli incatena le sillabe in sonorità aperte, in un ritmo incalzante, sceglie parole piane, evita gli orpelli pomposi della retorica. Ma i suoi versi – così pieni di mare, che poteva godersi dalle sue due “dimore vitali”, Livorno e Genova – penetrano nelle profondità dell’animo per interrogarsi sulle questioni universali, quelle più “vere”, che ci coinvolgono tutti. Come egli stesso scrive,  il «poeta è un po’ come il minatore che dalla superficie, cioè da l’autobiografia, scava, scava, scava finché trova un fondo nel proprio io che è comune a tutti gli uomini».

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