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Italo Svevo, La morte del padre

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Videolezioni di Letteratura – Autori e correnti del primo Novecento

Giuseppe Iannaccone e Mauro Novelli spiegano alcuni brani degli autori più importanti e le principali correnti della letteratura italiana del primo Novecento. 

  1. Italo Svevo, La morte del padre – Pochi libri come La coscienza di Zeno ci mettono davanti ai meccanismi mentali che scateniamo, più o meno consapevolmente, per mascherare, giustificare, tentare di distruggere la nostra inettitudine. Giuseppe Iannaccone entra nelle pagine di questo romanzo per mostrare in che modo Italo Svevo riesca a rappresentare questi ingranaggi dell’anima: attraverso le pagine di un diario in cui il protagonista sembra tracciare la parabola della sua vita e della sua malattia, ma in cui ogni vicenda – a maggior ragione quelle tragiche, come la morte del padre – viene rielaborata da un inconscio deforma i fatti in un’ottica esclusivamente autoreferenziale. 
  2. Luigi Pirandello, Il treno ha fischiato – Quante volte la nostra vita ci appare monotona e grigia? Una noiosa routine che si ripete identica giorno dopo giorno: colazione, scuola, pranzo, compiti, sport, cena per poi ricominciare. Anche Belluca – il protagonista della novella di Luigi Pirandello che Giuseppe Iannaccone legge in qusta lezione – lavora a ciclo continuo sommerso dai libri contabili, e a casa ha dodici bocche da sfamare, di cui sette appartengono a monelli e tre a vecchie cieche… Eppure, anche a chi incastrato negli ingranaggi di una piatta quotidianità può capitare di udire il “fischio del treno”, un piccolo strappo nel lenzuolo bianco della supposta “normalità”, e di mettere a soqquadro il proprio modo di vivere. Teniamo gli occhi ben aperti: sarebbe un peccato non cogliere il segnale, così come un peccato perdere questa lettura.
  3. Il Futurismo – «Il nostro movimento è fatale. Noi siamo attesi dall’Italia morente… Opportunismo affaristico, disprezzo della gioventù, vigliaccheria morale e fisica: ecco ciò che combattiamo!» Giuseppe Iannaccone ci aiuta a comprendere questo originale motto di Filippo Tommaso Marinetti, il caposcuola di un movimento che – all’inizio del Novecento – fa tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale, ispirandosi al dinamismo della vita moderna: il Futurismo. Proiettato verso l’avvenire, esso costituisce un modello per tutte le avanguardie successive, anche se molte delle sue intuizioni rimangono allo stadio di semplici provocazioni. Il Futurismo ha il merito storico di sprovincializzare e rinnovare la cultura italiana grazie a un progetto che, straripando dagli argini della letteratura, è capace di coinvolgere tutte le espressioni della creatività umana: le arti figurative, l’architettura, il cinema, il teatro, il design e la moda.
  4. Giuseppe Ungaretti – Giunto a ottant’anni d’età, Giuseppe Ungaretti amava rispondere di averne in realtà quattro volte venti: l’aneddoto ben rappresenta l’attaccamento alla vita di un uomo che ha bevuto con avidità ogni singolo giorno della sua esistenza. Anche alle parole era attaccato, Ungaretti: parole che ha fatto emergere faticosamente da un silenzio profondo, dalla pagina bianca, e che ha fatto brillare con un’intensità senza precedenti. Riscoperte, soppesate in ogni loro sillaba, reinventate, esse acquisiscono un’impareggiabile forza evocativa, anche quando nascono dal dolore, dalla paura, dalla nostalgia. Ecco perché leggere le sue poesie è come leggere il Novecento.
  5. Giuseppe Ungaretti, Fratelli – Che cosa sono le parole? Suoni che in un attimo si spengono nell’aria. Eppure il loro potere è smisurato. Giuseppe Ungaretti ne svela la portata isolandole in versi brevissimi, lasciandole vibrare in assoli che acquistano potenza proprio nella solitudine delle righe bianche della pagina. Come in questa Fratelli, che il professor Iannaccone ci presenta nella sua lezione: dieci versi di una potenza inaudita, che racchiudono il senso della solidarietà. 
  6. Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato – A chi di noi non è capitato di fare i conti con il “male di vivere”, quel sentimento di profonda frustrazione, di impotenza nei confronti della Storia, che ci svuota e ci abbatte? Di certo in questi giorni esso potrebbe bussare alla nostra porta… Anche Montale ci si è confrontato e ha passato in rassegna vari rimedi da opporgli. In fondo, non siamo forse tutti degli “ossi di seppia” trascinati a riva dalla corrente e consumati dal tempo? Giuseppe Iannaccone spiega una poesia amara e stoica, lucida e dolorosa, uno dei capolavori della poesia montaliana: Spesso il male di vivere ho incontrato.
  7. Eugenio Montale, Ho sceso, dandoti il braccio – Molte, moltissime persone sceglierebbero questa poesia d’amore come una delle più belle mai scritte. L’ha composta Eugenio Montale per sua moglie, chiamata “Mosca” per via dei grandi occhialoni scuri che portava. Gliel’ha dedicata alcuni anni dopo la sua scomparsa, rievocandola in un momento intimo e quotidiano: quando, a braccetto, scendeva le scale al suo fianco. Ogni gradino, un ricordo. Ogni gradino, un battito: «per ogni palpito del suo cuore, le rendo un petalo rosso d’amore», come ebbe a scrivere un altro grande poeta, che di mestiere faceva il cantautore, Fabrizio De André. 

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